martedì 4 agosto 2009

Io che spaccavo le montagne adesso ho paura. Una storia di ordinaria precarietà


Quando succede alla mia età può essere devastante, può cambiarti la vita: è una cosa che non auguro a nessuno. Ti può buttare in un attimo sulla strada o, letteralmente, sotto un ponte.Ormai sono alcuni anni che mangio pane e precariato e sono pure invalido civile: avrei diritto ad un reddito. Però, ormai, si sa che coi diritti si fa poco, in questi nostri tempi, quasi niente. Il mercato del lavoro è cambiato e (guarda, guarda) anche per gli invalidi si è inserita la possibilità del tempo determinato, del contratto a termine. Giusto, evviva l’eguaglianza. Certamente, uno si aspetta che a 54 anni sia tutta discesa, che le carte siano già giocata e senza dubbio qualche cosa l’ho sbagliata anch’io se sono qui senza neanche un asso. Però io non chiedevo molto -dopo che da artigiano mi son trovato senza più nulla, sette anni fa- ma solo di lavorare e di mantenere la mia famiglia. Adattati, direte voi: l’ho anche fatto finché ho potuto. Per capirci ,la vita non me la sono persa al gioco o in macchine di lusso: io lavoravo 14 ore al giorno. Mi è andata male, si dice, ma a quel punto io chiedevo solo di lavorare dignitosamente. Nelle cooperative, quelle farlocche, quelle che si sono inventati i grandi corrieri per fare il lavoro sporco non c’è dignità ma solo insulti e pochi soldi ma a me andava bene e lavoravo. Adesso, però, non posso più, sono limitato nella capacità di reggere alla fatica, io che spaccavo le montagne. Possibile che per me non ci sia più niente? Scivolo lentamente, giorno per giorno, sempre più marginale, sempre più fuori del giro. Senza ammortizzatori perché ho lavorato in cooperativa o a termine. Solo, forse (e sottolineo forse), la disoccupazione a termini ridotti: un’elemosina. Adesso, sono tre mesi che non entra neanche un euro e, prima dell’ultimo tempo determinato di otto mesi, erano due anni. Mia moglie si sta spaccando dalla fatica e non ci crede più: “ Hai 54 anni” dice “ ora che usciamo da questa crisi ne avrai 55/56…chi ti prende più ”. Io no so cosa risponderle. Mi vien da dire che non capisco che senso abbia proporsi di allungare la vita lavorativa sino a 300 anni se poi a 50 sei già come morto. La cosa più brutta e che non sai , esattamente, cosa possa succederti ed hai paura. E non mi piace aver paura.


Una testimonianza di Giandiego Marigo

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