martedì 21 aprile 2009

Parla il parroco di Corleone. "E' vero, ho invitato i tre giovani ad andare via". La figlia di Riina? "Non sapevo fosse lei"

RICEVO E PUBBLICO/ La lettera del parroco di Corleone, Giuseppe Gentile, che ha cacciato i tre giovani che avevano partecipato alla Giornata antimafia di Napoli


LA REPLICA:

«Si, è vero, ho detto ai tre ragazzi “Se non la pensate come me potete andare via, non mi servite!”, ma non mi riferivo alla “Giornata della Memoria” di Napoli, bensì al loro ripetuto non rispetto delle regole e degli impegni all’interno del gruppo degli Scout». Questa è la replica di Giuseppe Gentile, parroco della Chiesa di Maria SS. , a Giovanni ed Enrico Labruzzo, i due giovani studenti corleonesi che l’avevano accusato di essere stati cacciati via dagli scout perché avevano partecipato alla “XIV Giornata della Memoria e dell’Impegno” del 21 marzo, promossa dall’Associazione “Libera” di don Luigi Ciotti. «A me piace – aggiunge il sacerdote - che le scelte che ognuno di noi fa siano serie e motivate, ma quando ho chiesto ai tre ragazzi perché volevano andare a Napoli, mi hanno risposto: “Per divertirci!”. Per questo li ho redarguiti ed ho espresso con nettezza la mia contrarietà. Perchè dovrei avercela con don Ciotti e con l’antimafia? A don Luigi potrei rimproverare semmai che, quando viene a Corleone, non passa mai a trovarmi. L’antimafia noi la pratichiamo tutti i giorni. Lo sa che il prossimo 23 maggio i nostri scout faranno il servizio d’ordine alla manifestazione di Palermo per ricordare Giovanni Falcone? Io personalmente sono stato amico di padre Pino Puglisi. Ho imparato da lui a lavorare con i giovani. Oggi nella nostra parrocchia abbiamo 80 scout e circa 300 giovani che svolgono diverse attività. In questi anni ho cercato di coinvolgere il quartiere, le famiglie, le singole persone, spingendo tutti alla solidarietà, all’amore fraterno…». È un fiume in piena fra Gentile. «Giovanni ed Enrico hanno voluto il loro momento di celebrità… ma io non ce l’ho con loro, li perdono e sono sempre pronto ad incontrarli», dice. L’ultima precisazione il frate la riserva al matrimonio della figlia del “capo dei capi” di Cosa Nostra, da lui celebrato nello scorso luglio. «È venuta a trovarmi in chiesa con la sua famiglia e quella dello sposo – racconta – e mi ha chiesto di officiare il suo matrimonio. Io nemmeno la conoscevo. Ma che motivi avevo per rifiutarmi? Qualche errore l’avrò commesso nella gestione dei rapporti con i mass-media. Ma non ero preparato e nessuno mi ha aiutato…».

1 commento:

  1. Poteva farsi aiutare dai suoi confratelli dell'arcidiocesi o dall'Arcivescovo Emerito S.C.che di mafia ne capiscono e parecchio!!!Come estrema ratio poteva fare una telefonata a don M.C.quello che accoglieva i Brusca,i Bagarella,i Riina in arcivescovado:gli avrebbe dato qualche buon suggerimento!!!

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